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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-07-10 ad oggi 2010-08-18 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

2010-07-12 Il Veneto insegue l'autonomia energetica (con il carbone) ma riparte dall'idrogeno

Fuori la chimica sporca e dentro l'idrogeno. Il futuro del polo chimico di Marghera sembra andare in questa direzione, almeno a giudicare dall'inaugurazione in grande stile per la prima centrale elettrica ad idrogeno al mondo, costruita dall'Enel proprio a Fusina, nella gronda lagunare, dove si affacciano gli impianti - per lo più dismessi - del maggiore polo chimico europeo.

A Fusina c'era già la centrale termoelettrica "Palladio" dell'Enel; a due passi gli impianti del Petrolchimico che come elemento di risulta dei processi industriali producono proprio l'idrogeno. Ironia della sorte: allo stato attuale della ricerca, se le industrie chimiche non producessero idrogeno come "scarto" di lavorazione, questo tipo di energia pulita non esisterebbe perché totalmente diseconomico.

 

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

LA CENTRALE AD IDROGENO Cinquanta milioni di euro di investimento (5-6 volte il costo di una centrale normale), cinque anni di lavoro, una potenza di 16 Megawatt totali (12 prodotti dalla turbina ed altri 4 Mw recuperati sfruttando il calore dei fumi di scarico); con i suoi 60 milioni di chilowattora l'anno di energia l'impianto di Fusina può soddisfare il fabbisogno di 20mila famiglie e – questa è la parte migliore - senza emissioni in atmosfera. Con quest'opera Enel partecipa al progetto "Hydrogen Park" voluto dagli Industriali di Venezia col supporto di Regione Veneto e Ministero dell'Ambiente. Obiettivo è creare il più grande parco sperimentale per la realizzazione di un'economia basata sull'idrogeno.

2010-07-12 Conto energia: meglio tardi che mai

Images La lunga fase di incertezza che stava paralizzando il settore delle rinnovabili in Italia si è conclusa almeno per il capitolo sul conto energia approvato dalla Conferenza unificata Stato – Regioni. Il nuovo conto energia, che riconosce una tariffa incentivante fissa e garantita per 20 anni a partire da quando l’impianto entra in esercizio, sarà in vigore dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2013.

Tra le novità c’è la divisione degli impianti in diverse classi di potenza con incentivi decrescenti: nel corso del 2011 ci saranno tre variazioni di tariffe con un calo del 6% ogni quadrimestre, poi ci sarà una diminuzione del 6 % l’anno sia nel 2012 che nel 2013.

Inoltre la potenza incentivabile, che ora è di 1.200 megawatt, arriverà a 3 mila e si aggiungeranno altri 200 megawatt per il fotovoltaico a concentrazione e 300 megawatt per gli impianti integrati con caratteristiche innovative (cancellata la distinzione tra gli impianti "parzialmente integrati" e quelli "integrati", ora si parla di "impianti realizzati su edifici" e di "altri impianti").

Vengono infine concessi premi del 5 % se l’impianto è collocato su discariche, cave, ex aree industriali, siti da bonificare, in sostituzione di coperture in eternit. Misure salutate con soddisfazione dal settore delle rinnovabili (la riduzione degli incentivi viaggia di pari passo con la riduzione dei costi dei pannelli e l’aumento di efficienza) anche se alcune critiche non sono mancate. "Al momento la cosa più importate è che il conto energia e le linee guida siano stati approvati, anche se troviamo ingiustificato il taglio alle tariffe incentivanti per gli impianti superiori ai 5 megawatt con la scusa che tolgono terreno all’agricoltura: anche gli incentivi al fotovoltaico sulle serre, che l’agricoltura invece la sostengono, vengono tagliati", ha commentato il presidente di Asso Energie Future, Massimo Daniele Sapienza.

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

…..

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-07-10 ad oggi 2010-08-18

AVVENIRE

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2010-07-18

19 luglio 2010

ENERGIA

Le rinnovabili coprono

il 100% dei consumi delle famiglie

La produzione complessiva da fonti rinnovabili nel 2009 è giunta a coprire l'intero (100,6%) consumo di energia elettrica delle famiglie italiane. Nonostante la crisi che ha abbattuto la produzione tradizionale di elettricità dell'8,3%, la produzione "verde" - rivela un'elaborazione dell'Ufficio studi della Confartigianato - ha infatti continuato a correre: nel 2009 l'energia elettrica da fonti rinnovabili è salita del 19,2% rispetto al 2008, arrivando a un livello di produzione di 69.330 gigawattora (i consumi delle famiglie ammontano a 68.924 gigawattora). Nel 2008, la produzione verde copriva fino all'85% dei consumi casalinghi.

E spetta alla Puglia il primato della maggior produzione di elettricità da solare, seguita da Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte. Ed è sempre la Puglia la regione che lo scorso anno ha maggiormente incrementato la produzione da impianti fotovoltaici, con 72 gigawattora in più pari ad oltre un terzo dell'intera crescita (37,3%), seguita dalla Lombardia e dal Piemonte.

Non solo: nel confronto internazionale la piccola Puglia batte addirittura il gigante Cina per potenza di impianti solari installati, 161 mw contro i 160 cinesi.

Ma è tutta l'Italia a occupare una posizione di primissimo piano sul fronte dei pannelli solari. Sulla base dei dati 2009 dell'European PhotoVoltaic Industry Association (Epia), l'Italia è infatti il secondo mercato al mondo nel fotovoltaico con il 9,9% della potenza installata nell'anno, dietro alla Germania che da sola rappresenta il 51,6% del mercato mondiale.

Inserendo nel ranking mondiale il Mezzogiorno e il Centro Nord, emerge che le due aree del nostro Paese ricoprono entrambe una posizione di rilievo nel mercato mondiale collocandosi, rispettivamente, al quarto e al sesto posto della classifica: i 422 Mw del Centro Nord sono pari al 5,7% del mercato mondiale; i 289 Mw installati nel Mezzogiorno, sono pari al 3,9% del mercato mondiale pari alla potenza installata in Francia, Spagna e Portogallo messi insieme.

L'energia verde è anche fonte di occupazione e ottimo traino di ripresa: sempre secondo l'ufficio studi Confartigianato, nel primo trimestre 2010, anche dopo un anno di forte recessione, il settore delle imprese potenzialmente interessate alle fonti rinnovabili registra una crescita del 2,7%, più accentuata nel Mezzogiorno (+4,1%) e nel Centro (3,6%) mentre nel Nord la crescita è robusta ma con uno spunto minore (1,5%). Nel primi tre mesi in Italia vi sono poi 86.079 aziende (prevalentemente imprese di installazione di impianti elettrici in edifici o in altre opere di costruzione), potenzialmente interessate dalle fonti rinnovabili, con una stima di 332.293 occupati e una dimensione media per impresa di 3,9 addetti.

 

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-07-18

Ma occorreranno ancora anni per sviluppare tecnologie economiche

Energia: dal mare potenzialità doppia del nucleare, più affidabile di eolico e solare

Onde, maree e correnti potrebbero soddisfare il 20% dell'attuale domanda mondiale. Intanto alle Hawaii...

Ma occorreranno ancora anni per sviluppare tecnologie economiche

Energia: dal mare potenzialità doppia del nucleare, più affidabile di eolico e solare

Onde, maree e correnti potrebbero soddisfare il 20% dell'attuale domanda mondiale. Intanto alle Hawaii...

La temperatura media dell'acqua alle Hawaii: in rosso 24 gradi, in blu 18 (da Hycom.org)

La temperatura media dell'acqua alle Hawaii: in rosso 24 gradi, in blu 18 (da Hycom.org)

MILANO - L'energia ricavabile dal mare tramite il moto ondoso, le maree e le correnti ha una potenzialità doppia rispetto a tutta l'energia nucleare prodotta attualmente nel mondo. Lo rivela uno studio realizzato da Frost & Sullivan, ma che avverte nello stesso tempo che saranno necessari almeno almeno altri 5-10 anni prima che le tecnologie escano dalla fase dimostrativa e i costi inizino a scendere e rendere l'energia marina concorrenziale ed economica rispetto alle altre fonti.

AFFIDABILE - La ricerca mette in luce che l’energia tratta dal mare costituisce una risorsa più affidabile e prevedibile rispetto all’eolico o al solare, con un potenziale in grado di soddisfare il 20% dell’attuale domanda elettrica mondiale. A livello mondiale l’energia marina ha un potenziale stimato in 6 mila terawattora annui (ossia il doppio di quanto produce tutto il nucleare del mondo) per gli impianti a moto ondoso e di altri 700 TWh per quelli alimentati dalle maree: un mercato che potrebbe arrivare a mille miliardi di dollari. Tra i vantaggi di questa fonte, rispetto alle altre rinnovabili come eolico e solare, c’è la maggiore prevedibilità della produzione.

PROGETTI - Già ora governi e aziende stanno investendo molto nel settore. La Gran Bretagna ha stanziato decine di milioni di sterline in diversi progetti e nella ricerca. Con la crisi finanziaria però c’è stato un rallentamento e alcuni progetti sono stati messi in attesa o abbandonati, come l’impianto da 9 milioni di euro per sfruttare il moto ondoso che doveva essere realizzato ad Agucadoura in Portogallo. L’ostacolo maggiore sono gli ingenti investimenti necessari: attualmente il costo di un megawatt di potenza per un impianto a moto ondoso è di circa 2,4 milioni di euro. Si tratta di un valore elevato, "ma non più di quello di altre tecnologie già ampiamente sovvenzionate", sostiene il rapporto.

HAWAII - Intanto ricercatori dell'Università delle Hawaii a Manoa hanno detto che la zona sottovento dell'arcipelago sarebbe il posto ideale per impianti futuri basati sull'energia marina, secondo un articolo apparso sul Journal of Renewable and Sustainable Energy. La tecnologia, chiamata Otec (Ocean Thermal Energy Conversion), sfrutta la differenza di temperatura tra le acque superficiali calde e quelle profonde fredde.

Redazione online

12 agosto 2010(ultima modifica: 18 agosto 2010)

 

 

 

Il progetto finlandese ha ricevuto un contributo di 3 milioni di euro

Porte girevoli per l'energia dalle onde

Ogni porta, posizionata da 6 a 23 metri sotto la superficie del mare, può generare 300 chilowatt

Il WaveRoller (da AW-Energy.com)

Il WaveRoller (da AW-Energy.com)

L'idea è venuta a un tuffatore che, dopo un volo plastico, per poco ha picchiato una testata contro la porta di una nave affondata. Un'idea che ha ricevuto ora un contributo di 3 milioni di euro. L'idea del finlandese Rauno Koivusaari è semplice: una sorta di porta girevole dal peso di 20 tonnellate che, posizionata a una profondità compresa tra 6 e 23 metri sotto il mare, bascula sotto l'azione delle onde, in modo da azionare un sistema idraulico che trasforma l'energia cinetica in energia elettrica.

MOTO ELLITTICO - Ogni porta è in grado di produrre 300 chilowatt, collegata in serie di tre arriva a una capacità di quasi un megawatt. E in un campo di produzione se ne possono aggiungere quante se ne vogliono, senza contare che, essendo sotto il mare non ci sono problemi di impatto ambientale. Sono quindici anni che Koivusaari sta sviluppando il progetto insieme alla sua società, la AW-Energy e ora ha posizionato un modello-pilota al largo del Portogallo. Il WaveRoller funziona sfruttando il fatto che il modo ondoso, avvicinandosi alla costa, prima che si rompa la cresta dell'onda e formi il classico "cavallone", sotto la superficie marina fa muove le particelle d'acqua con un moto ellittico. Quindi in avanti e all'indietro e questo movimento di andata e di ritorno è proprio quello che sfruttano le porte basculanti intorno a un perno per funzionare in entrambi i sensi.

Paolo Virtuani

05 novembre 2009

 

 

 

FOCUS

Maree e acque salate, la nuova energia

Così aumentano le alternative a gas e petrolio. Sono già 60 i progetti messi in campo in Europa

Mulini ad acqua

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BRUXELLES — Allacciare le cinture. Se, come pensano molti, la ripresa dopo la crisi comincerà dalla Cina, quel giorno accadrà laggiù quel che ac­cadde in America, negli anni Cinquanta: una clas­se media appena consolidatasi, in un Paese che già è il primo produttore al mondo di auto, si met­terà al volante, sulla via della motorizzazione di massa. Il mito "on the road" ri-raccontato in man­darino, i motel e i rifornitori scintillanti lungo le autostrade che porteranno da Canton alla Mongo­­lia: forse non è fantascienza. Ma senza i rifornito­ri, niente 4 ruote: il primo effetto della ripresa eco­nomica sarà appunto un'impennata della doman­da di energia. Nella recessione attuale, è "del tut­to possibile" un calo di 1,5 milioni di barili di pe­trolio al giorno, pari al 7% del consumo totale, so­lo nei consumi energetici degli Usa; e un calo pa­rallelo della domanda: così la pensa Steven Kopi­ts, direttore della Douglas-Westwood, una socie­tà americana che analizza i mercati energetici. E lascia capire: il resto del mondo seguirà a ruota.

Ma se la Cina si metterà poi al volante, scatterà il meccanismo opposto, come ai tempi del "boom" in Occidente: quando dal 1960 al 1972, ricorda an­cora Kopits, "la domanda globale di petrolio au­mentò di 30 milioni di barili al giorno, quasi 4 vol­te l'odierna produzione dell'Arabia Saudita". Su, giù, di nuovo su: ci attende un grafico da monta­gne russe. E la Cina ha la più grande forza-lavoro al mondo, 800 milioni di persone, il doppio di Usa, Giappone e Unione Europea messi insieme: quanto produrrà, una volta lanciata "on the road"? Gli esperti tacciono. Ma una cosa, la dan­no per scontata: in una situazione così incerta, con petrolio e gas che già scarseggiano, bisogne­rà ricorrere sempre più alle energie rinnovabili. È anche per questo, che la Ue si è data per il 2020 un obiettivo molto ambizioso: almeno il 20% del­l’energia dovrà essere tratta da fonti rinnovabili. Il vento, il sole, il calore geotermico nascosto sot­to la crosta terrestre. E il mare. Gli oceani, che co­prono il 75% della terra. E che di energia trabocca­no, ma sono anche custodi gelosi ed esosi, giac­ché i loro segreti costano. Già nel 1607, nella Nuo­va Scozia canadese, un mulino azionato dalle ma­ree produceva 25-75 Kilowatt/ora. Nel 1799, ci si provò anche in Europa. Nel 1909, un porto della California fu illuminato dall'energia "rubata" alle onde. Poi, un lungo silenzio. Fino a pochi anni an­ni fa, quando partirono le prime turbine sottoma­rine, i "mulini a vento degli oceani" che con le loro eliche trasformano l'energia idraulica in mec­canica e poi — attraverso un convertitore — in energia elettrica.

Principio semplice: il volume, la densità dell'acqua, sono 800-850 volte maggiori di quelli dell'aria, e perciò — almeno in teoria — con minor "sforzo" le eliche producono di più. Grazie a queste e ad altre diavolerie, oggi, per la prima volta il mare fornisce regolarmente energia a molti Paesi. Poca, ma buona. Sfruttando le sue 5 "forze": le maree (cioè il potenziale energetico ri­cavabile dalla differenza in altezza fra l'alta e la bassa marea); le correnti prodotte dalle maree o dai venti (energia cinetica ricavabile dal movi­mento orizzontale dell'acqua); il gradiente di sali­nità (là dove un fiume si getta in mare, le acque dolci si mescolano a quelle salate e la diversa sali­nità crea una differenza di pressione, cioè una po­tenziale fonte di energia); infine, la differenza di temperatura fra la superficie dell'oceano e le sue acque profonde, da cui scaturisce energia termi­ca. La parola "differenza" ricorre ovunque perché il mare è per sua natura mutevole, incostante, ge­neratore di contrasti fisico-chimici: e perciò ap­punto, sorgente di energia. Per esempio: da solo, il gradiente di salinità avrebbe nel mondo un po­tenziale sfruttabile da 2000 Terawatt/ora per an­no (un Terawatt/ora equivale a un miliardo di kilowatt all'ora, ndr).

Nei calcoli dell'Iea, l'Agenzia inter­nazionale dell'Energia, l'uomo di oggi consuma in elettricità circa 15.400 Terawatt/ora per anno, e il 13% potrebbe essere "coperto" proprio dalle onde. La realtà è ov­viamente più modesta: i mari eu­ropei, nel 2006, hanno prodotto "appena" 550 Gigawatt/ora di elettricità (un Gigawatt equivale a un milione di kilowatt). Ma è mol­to, se comparato al niente di po­chi anni fa. Spiega Nathalie Rous­seau dell'"Agenzia Ocean Ener­gy", che a Bruxelles affianca la Ue in questi studi: "Secondo certe sti­me le correnti possono produrre nel mondo oltre 800 Terawatt/ora per anno; e il gradiente termico, 10 mila; e le maree, oltre 300... Insomma, un teso­ro da esplorare. E fra i Paesi con un potenziale molto alto di energia marina, c'è anche la vostra Italia con lo Stretto di Scilla". Se si considerano i progressi delle energie rinnovabili nei Paesi Ue, alla voce "oceano" appare per decenni uno zero, mentre la voce "vento" cresce del 19,9% all'anno. Ma nella proiezione 2010-2020, le voci si inverto­no: "vento", 8,5%, "oceano" 17,5%.

In America, si progetta di ancorare dei "muli­ni " in mare davanti alle coste della Florida, o vici­no al ponte Golden Gate di San Francisco. E sono stati stanziati 3 milioni di dollari per calare verso la foce dell'East River di New York, in 10 anni, 300 turbine che riscalderanno migliaia di case, sfruttando le correnti del fiume e del mare. Nella Ue, invece, si contano 60 progetti attivi o pianifi­cati: boe gigantesche, dighe galleggianti, rotori computerizzati, c'è un po’ di tutto. E tutto nell'ac­qua. Francia e Inghilterra, che hanno maree di 10 metri, sono in testa. Ma c'è anche il portoghese "Pelamis", che fornirà energia a duemila fami­glie: un serpentone composto da cilindri, che bal­lando sulle onde attivano dei generatori. O il cen­tro sperimentale "Billia Croo", in Scozia, dove si studiano cavalloni alti 12 metri e correnti da 4 me­tri al secondo. C'è la "Fattoria delle Onde" in Cor­novaglia. E "SeaGen", in Irlanda del Nord, siste­ma di turbine che riscalda mille case. E il "Drago­ne delle onde", in Danimarca. Ancora in Danimar­ca, si sperimenta una centrale galleggiante chia­mata "Poseidon". Come il dio greco del mare: cui venivano attribuite 42 amanti, proprio per la sua energia inesausta. Anzi, rinnovabile.

Luigi Offeddu

04 maggio 2009

 

 

 

 

Permetterà di dare corrente a 2000 famiglie

Portogallo: ora l'elettricità arriva dalle onde

E' nata nei pressi di Agucadoura la prima centrale elettrica alimentata dal movimento del mare

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LISBONA (PORTOGALLO) - Fino ad oggi erano conosciute come il regno dei surfisti europei che nelle stagioni calde arrivano da ogni angolo del Vecchio Continente alla ricerca di emozionanti e favolose onde. Ma da questa settimana le coste portoghesi saranno famose anche per un altro motivo: esse ospiteranno il primo impianto di energia elettrica prodotta dal movimento delle onde marine. L'impianto è stato realizzato a qualche miglio dalla costa di Agucadoura, nel nord del paese lusitano ed è dotato di tre macchinari, i Pelamis P-750, noti anche come "i serpentoni marini": queste apparecchiature di forma cilindrica e lunghe circa cento metri sono ancorate al fondale in modo da permettere il rollio e il beccheggio. Il movimento delle onde mette in funzione dei motori che generano energia elettrica.

LA PRODUZIONE DI ENERGIA - Secondo gli esperti la nuova centrale, che è stata costruita dalla società scozzese Ocean Power Delivery (Opd), soddisferà i bisogni di quasi 2000 famiglie e dovrebbe essere davvero salutare per l’ambiente: ogni anno circa 6 mila tonnellate di anidride carbonica non saranno immesse nell'atmosfera . L'inaugurazione dell'impianto doveva avvenire mercoledì scorso, ma il cattivo tempo non ha permesso che la cerimonia si svolgesse. All'inizio si prevedeva una centrale elettrica dotata di almeno 30 Pelamis, ma numerosi ostacoli hanno fermato quest'ambizioso progetto. Tuttavia la società scozzese ha garantito che se l’impianto manterrà le sue promesse, esso sarà dotato in un futuro di un centinaio di Pelamis che dovrebbero produrre 500 megawatt di elettricità portando luce ed energia in almeno 350.000 case.

COSTI - Max Carcas, direttore della "Pelamis Wave Power", la società che produce gli omonimi macchinari che trasformano la forza delle onde in energia elettrica, afferma che in futuro saranno chiari i benefici di questa nuova tecnologia: "I costi diminuiscono del 15% ogni qual volta in un impianto sono aggiunti due Pelamis". Teresa Pontes, membro de "l'Istituto nazionale dell'energia, della Tecnologia e Innovazione" di Lisbona afferma che è troppo presto per dire se questi sistemi siano realmente efficaci in ogni parte del mondo. La Pontes infatti sottolinea che, grazie alla sua ideale posizione geografica, il Portogallo può ottenere buoni risultati nel campo dell'energia prodotta dalle onde del mare. Tuttavia, ribadisce che lo sviluppo di questa tecnologia è ancora agli albori: "Ci vorranno molto anni prima che essa maturi. Bisogna continuare le ricerche. Forse il miglior sistema non è stato ancora sviluppato. Se si pensa ai primi aeroplani, anche essi erano molto diversi rispetto a quello che usiamo oggi".

Francesco Tortora

01 ottobre 2007

 

 

 

 

Mapping available Ocean Thermal Energy Conversion resources around the main Hawaiian Islands with state-of-the-art tools

Gérard C. Nihous

Department of Ocean and Resources Engineering, University of Hawaii, 2540 Dole Street, Honolulu, Hawaii 96822, USA Map This map

(Received 15 January 2010; accepted 18 June 2010; published online 15 July 2010)

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* Abstract

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This paper aims to demonstrate how the evaluation of Ocean Thermal Energy Conversion (OTEC) resources can benefit from currently available high-resolution ocean models. The case of waters around the main Hawaiian Islands is presented because of its relevance to the future development of OTEC. OTEC resources are defined here by ocean temperature differences between water depths of 20 and 1000 m, with little loss of generality. Using state-of-the-art tools like the HYCOM+NCODA (1/12°) model affords the possibility to track changes on a daily basis over a wide area (e.g., 17 °N to 24 °N and 153 °W to 162 °W). An examination of numerical data over a time period of 2 years reveals interesting geographical patterns. It is found that average OTEC temperature differences are consistently higher (by about 1 °C) west of the islands, whereas the amplitude of the yearly cycle globally decreases from north to south as expected. Better OTEC resources in the lee of the islands are attributed to the narrow eastward-flowing Hawaiian Lee Counter Current. All other things being equal, a change of 1 °C in the resource typically would amount to a 15% variation in net OTEC power output.

© 2010 American Institute of Physics

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it/

2010-08-16

Ecco perché al Polo Sud

i ghiacci resistono

Studiosi americani provano a dare una risposta a uno dei maggiori paradossi climatici del pianeta: mentre nella regione artica i ghiacciai si riducono, in Antartide l'aumento della temperatura provoca evaporazione marina e maggiori nevicate. Ma il fenomeno non è destinato a durare di LUIGI BIGNAMI

Ecco perché al Polo Sud i ghiacci resistono

C'è un paradosso climatico sul nostro pianeta che stentava a trovare una spiegazione. Ma ora ci sono riusciti ricercatori del Georgia Insitute of Technology, il cui lavoro è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Science. Il paradosso consistente in questo: l'aumento della temperatura terrestre sta facendo sciogliere i ghiacci del Polo Nord ad una velocità tale che ogni 10 anni essi diminuiscono del 10% la loro superficie. In questi giorni ad esempio, essi si estendono per 8,39 milioni di chilometri quadrati, ossia 1,71 milioni di chilometri quadrati al di sotto della media dell'area misurata tra il 1979 e il 2000. E si estendono per soli 260.000 kmq in più rispetto al 2007, anno in cui si ebbe il minimo assoluto. Secondo gli esperti del National Snow and Ice Data Center degli Stati Uniti non si è arrivati ai valori di due anni fa solo perché da settimane il Polo Nord è interessato a bufere, tempo nuvoloso e temperature relativamente fredde che rallentano il tasso di scioglimento giornaliero (si aggira attorno ai 77.000 kmq al giorno).

Al contrario invece, i ghiacci del Polo Sud stanno aumentando di circa l'1% per decade, anche se non in modo omogeneo (i ghiacci della Penisola Antartica infatti, vedono una diminuzione della loro estensione). Come è possibile una così diversa situazione? Risulta facile infatti, spiegare perché i ghiacci del Polo Nord si sciolgono così velocemente: l'aumento della temperatura terrestre infatti, nella regione artica, in questi anni ha toccato valori di 4°C sopra le medie dell'ultimo secolo. Mentre non è chiaro perché al Polo sud oltre a non esserci una diminuzione dell'estensione glaciale c'è addirittura un loro aumento. E c'è da chiedersi se questo fenomeno continuerà in futuro.

Ecco la risposta di Jiping Liu, un ricercatore del Georgia Insitute of Technology: "Attualmente, con il crescere della temperatura terrestre si determina, tra l'altro, un aumento dell'evaporazione dei mari che circondano l'Antartide. Il vapore acqueo si trasforma in neve che precipita sul continente antartico e la quantità di tali precipitazioni produce un aumento di ghiaccio che è superiore a quello che viene sciolto al di sotto delle lingue glaciali che dalla calotta antartica arrivano in mare, in seguito all'aumento di temperatura di quest'ultimo.

Altri ricercatori inoltre, avevano avanzato anche l'ipotesi che il buco dell'ozono abbia creato una circolazione di venti molto freddi che tengono l'Antartide ad una temperatura assai bassa, tale che l'aumento della temperatura globale del pianeta non riesce ad interessare il continente.

Ma la situazione tenderà a mutare velocemente. "Prendendo come riferimento i modelli climatici che indicano un aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera ancora per l'attuale secolo - piega Liu- ben presto lo scioglimento dei ghiacci da parte dell'acqua oceanica sopravarrà la quantità di neve che cadrà sulla calotta antartica, anche perché le temperature potrebbero portare una notevole quantità di precipitazione piovose anche sui bracci di ghiaccio che arrivano in mare". E a questo c'è da aggiungere un altro fattore: la diminuzione del buco dell'ozono determinerà un aumento della temperatura che sarà causa di uno scioglimento anche dei ghiacci che appoggiano sul continente. Queste situazioni, che potrebbe avverarsi nell'arco di pochi decenni, porteranno ad un'inversione della tendenza dei ghiacci antartici a crescere e dunque a una situazione che verrà a pareggiarsi con quella del Polo Nord.

(16 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-12

LA RICERCA

Creare idrogeno dall'acqua

"Il segreto dell'energia pulita"

Un'équipe italiana mette a punto degli elettrodi composti da nanotubi di carbonio in grado di generare un processo di "fotosintesi artificiale". "Chiave di volta per convertire il mondo alle fonti rinnovabili al posto dei combustibili fossili" di ELENA DUSI

Creare idrogeno dall'acqua "Il segreto dell'energia pulita"

Basterebbe fare come le foglie. Per ottenere energia pulita, una strada è cercare di riprodurre quel processo di fotosintesi che fornisce alle piante zucchero e ossigeno partendo da ingredienti abbondanti come acqua e luce. Il fenomeno si svolge sotto ai nostri occhi tutti i giorni dall'alba al tramonto. Eppure è talmente complesso dal punto di vista chimico da non essere mai stato capito fino in fondo, né riprodotto in maniera efficiente dall'uomo.

Un gruppo di ricercatori italiani ha appena mosso un passo avanti verso questa "pietra filosofale" dell'energia pulita. L'équipe delle università di Trieste, Padova e Bologna e del Cnr di Padova ha descritto su Nature Chemistry come realizzare un catalizzatore per facilitare la scissione delle molecole d'acqua in ossigeno e idrogeno: quest'ultimo utilizzabile come fonte di energia per i motori.

La molecola di H2O, spiegano Maurizio Prato e Marcella Bonchio, coordinatori dello studio, "si forma dal punto di vista chimico facendo reagire idrogeno e ossigeno, in un processo che produce grandi quantità di energia ed è alla base delle celle a combustibile. Ma la reazione inversa, ovvero la scissione della molecola di acqua per generare idrogeno, un combustibile pulito, resta oggi uno degli obiettivi più ambiziosi della ricerca".

Gli elettrodi realizzati in Italia, spiega ancora Prato "sono fatti con nanotubi di carbonio e possono generare idrogeno in modo continuo dall'acqua, anche del mare". Perché il processo della "fotosintesi artificiale" sia completo, mancano ancora alcune tappe da mettere a punto. Ma alla fine, continua Prato, "nel nostro sistema si potrebbe usare acqua di mare, liberarla dall'ossigeno e ottenere idrogeno in grado di alimentare un motore". I nanotubi hanno un diametro esterno di 25 nanometri, o milionesimi di millimetro.

In natura, per superare l'alto livello di energia necessario a spezzare le molecole d'acqua, le alghe e le foglie usano un enzima che si chiama PsII (o Photosystem II). La sua architettura è tanto complessa da non essere imitabile per l'uomo. Quello che il nanotubo di carbonio italiano spera di ottenere è proprio superare questo collo di bottiglia e consentire lo splitting (la divisione di una molecola di H2O in idrogeno da un lato e ossigeno dall'altro) senza bisogno di raggiungere quote elevate di energia: dunque a temperature basse e costi ragionevoli.

"La scoperta del catalizzatore giusto è la chiave di volta per convertire il nostro mondo all'energia rinnovabile e pulita al posto dei combustibili fossili" spiega Prato. "Il catalizzatore che abbiamo realizzato ha un "cuore" dove avviene la reazione, grazie alla sinergia di quattro atomi di rutenio. Qui, atomi ed elettroni dell'acqua vengono trasferiti senza troppa fatica e dunque a bassa energia". I quattro atomi di metallo usati come catalizzatore sono ancorati ai nanotubi di carbonio che funzionano un po' come dei fili elettrici: su di essi infatti corrono gli elettroni che vengono liberati dalla reazione chimica.

Anche con il catalizzatore capace di favorire lo splitting, il motore ad acqua non è per il momento dietro l'angolo. Il "principio di tutte le cose" secondo Talete resta infatti una fonte continua di misteri per fisici e chimici, nonostante la sua abbondanza sul pianeta azzurro, la stabilità dei suoi legami fra gli atomi e la sua limpidezza.

(12 agosto 2010)

 

 

 

 

"Nucleare pericoloso

la Russia insegna"

Parla il direttore di Greenpeace: "Il fuoco non minaccia solo le centrali, ma anche gli impianti che trattano le scorie. Anche un black-out di pochi minuti porterebbe all'emergenza"

di ANTONIO CIANCIULLO

"Nucleare pericoloso la Russia insegna" Il sito russo di Mayak, dove vengono stoccate le scorie nucleari

Oltre alla minaccia terroristica, alla carenza di acqua dolce per il raffreddamento degli impianti e ai costi che s'impennano, per il nucleare arriva ora la grana incendi: lo scenario della Russia di questi giorni ci offre una nuova visione dei rischi legati alle centrali atomiche. Da una parte Chernobyl torna a manifestare i suoi effetti, dall'altra l'assedio delle fiamme attorno agli impianti nucleari rivela una minaccia finora poco considerata.

Come è possibile che, a distanza di 24 anni dalla catastrofe che ha distrutto il reattore ucraino, quella radioattività torni a essere un problema?

"I radionuclidi del cesio emesso nell'esplosione della centrale di Chernobyl si ridurranno a un millesimo solo fra tre secoli", risponde Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace. "Oggi il 60 per cento di quella radioattività è ancora lì, nel terreno e nelle piante: il fumo degli incendi la rimette in circolazione, anche se con un effetto locale, a differenza di quanto avvenne nel 1986, quando la nube radioattiva si alzò per chilometri seminando il suo carico distruttivo in un'area enorme".

Quindi nel conto degli incendi russi dobbiamo mettere anche la contaminazione radioattiva?

" Una parte della nube di Chernobyl è stata rimessa in circolazione. E' un elemento che va ad aggravare un bilancio sanitario già critico, visto che si è parlato di un raddoppio della mortalità a Mosca a causa del fumo degli incendi. Sono aumentati in maniera consistente sia il particolato, creando problemi immediati alla respirazione, che elementi cancerogeni come il benzene".

Altri incendi minacciano le centrali nucleari.

"Non solo le centrali, anche gli altri impianti nucleari. Ad esempio quelli del centro atomico di Mayak, negli Urali, dove c'è un deposito a cielo aperto di scorie nucleari in cui sono stoccate 40 tonnellate di plutonio".

Qual è il rischio?

"Ci sono vari livelli di rischio. Supponiamo ad esempio che le fiamme colpiscano solo le linee esterne di trasmissione della corrente elettrica, i trasformatori. Ebbene la centrale si troverebbe isolata e si dovrebbe procedere a un arresto rapido del reattore, una procedura che comporta sempre una certa dose di rischio".

E' già successo?

"E' successo proprio a Mayak il 3 settembre del 2000. Per venti minuti fu interrotta la fornitura elettrica e lanciato il sistema di sicurezza basato su motori diesel. Quei motori erano in condizione di lavorare solo per 30 minuti, se il problema fosse durato più a lungo si sarebbe entrati in una situazione critica".

Un problema del genere potrebbe riguardare anche gli impianti che il governo Berlusconi vuole costruire in Italia?

"Nel nostro caso si parla di reattori epr per i quali è previsto un tetto di due minuti per circoscrivere un incendio. Quando guardiamo quello che sta succedendo in Russia e pensiamo che con i cambiamenti climatici andrà sempre peggio...."

(11 agosto 2010)

 

 

2010-07-17

Rinnovabili boom nel 2009

coperti i consumi casalinghi

Secondo l'ufficio studi della Confartigianato la produzione 'verde' è salita: lo scorso anno ha fatto segnare un più 19,2% rispetto al 2008. Puglia al top per l'elettricità da solare

Rinnovabili boom nel 2009 coperti i consumi casalinghi

ROMA - La produzione complessiva da fonti rinnovabili nel 2009 è giunta a coprire l'intero (100,6%) consumo di energia elettrica delle famiglie italiane. Secondo l'ufficio studi della Confartigianato, nonostante la crisi che ha abbattuto la produzione 'tradizionale' dell'8,3%, la produzione 'verde' è salita: nel 2009 l'energia elettrica da fonti rinnovabili ha fatto segnare un più 19,2% rispetto al 2008, arrivando a un livello di produzione di 69.330 gigawattora (i consumi delle famiglie ammontano a 68.924 gigawattora). Nel 2008, la produzione 'verde' copriva fino all'85% dei consumi casalinghi.

Spetta alla Puglia il primato della maggior produzione di elettricità da solare, seguita da Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte. Ed è sempre la Puglia la regione che lo scorso anno ha incrementato di più la produzione da impianti fotovoltaici, con 72 gigawattora in più, pari ad oltre un terzo dell'intera crescita (37,3%), seguita dalla Lombardia e dal Piemonte. Ma anche a livello internazionale la Puglia la fa da padrone e si leva lo sfizio di battere la Cina per potenza di impianti solari installati: 161 mw contro i 160 cinesi.

E' comunque l'Italia stessa ad occupare una posizione di primissimo piano sul fronte dei pannelli solari. Sulla base dei dati 2009 dell'European PhotoVoltaic Industry Association (Epia), il nostro Paese è il secondo mercato al mondo nel fotovoltaico con il 9,9% della potenza installata nell'anno, dietro alla Germania che da sola rappresenta il 51,6% del mercato mondiale.

In particolare il Mezzogiorno e il Centro-Nord ricoprono una posizione di rilievo nel mercato mondiale collocandosi, rispettivamente, al quarto e al sesto posto della classifica: i 422 Mw del Centro-Nord sono pari al 5,7% del mercato mondiale; i 289 Mw installati del Sud corrispondono al 3,9% e sono pari alla potenza installata in Francia, Spagna e Portogallo messi insieme.

Sempre secondo l'ufficio studi di Confartigianato, nel primo trimestre 2010 il settore delle imprese potenzialmente interessate alle fonti rinnovabili registra una crescita del 2,7%, più accentuata nel Mezzogiorno (+4,1%) e nel Centro (3,6%) mentre nel Nord la crescita è robusta ma con uno spunto minore (1,5%). Nel primi tre mesi in Italia vi sono poi 86.079 aziende (prevalentemente imprese di installazione di impianti elettrici in edifici o in altre opere di costruzione) potenzialmente interessate dalle fonti rinnovabili, con una stima di 332.293 occupati e una dimensione media per impresa di 3,9 addetti.

(17 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-15

ENERGIA

Inaugurato a Priolo

il "solare di Archimede"

La centrale Enel si avvale di un'intuizione dello scienziato vissuto 23 secoli fa, attualizzata da Carlo Rubbia. L'impianto rimarrà in funzione anche di notte o con le nuvole. "Unico nel suo genere, punta di diamante del progresso" di VALERIO GUALERZI

Inaugurato a Priolo il "solare di Archimede" L'impianto di Priolo

Rispetto a 23 secoli fa il nemico è cambiato, ma il luogo e il modo per combatterlo è rimasto lo stesso. All'epoca c'erano i romani da tenere fuori Siracusa, ora va sconfitto il riscaldamento globale riducendo le emissioni di anidride carbonica. L'arma rimane però uguale: specchi per concentrare la forza del sole. La geniale intuizione che Archimede mise in pratica nel 212 a. C. per neutralizzare le navi nemiche è tornata oggi d'attualità a pochi chilometri dalla sua Siracusa con l'inaugurazione a Priolo della prima centrale italiana a solare termodinamico. Un impianto pilota (che non a caso porta il nome dell'antico saggio della Magna Grecia) dalla limitata capacità (circa 5 MW di potenza), ma tecnologicamente all'avanguardia, grazie alla capacità del premio Nobel Carlo Rubbia di attualizzare l'intuizione di Archimede.

Grandi impianti solari termodinamici (detti anche a concentrazione o Csp) sono già in funzione con successo in particolare in Spagna e Stati Uniti, ma l'invenzione sviluppata dal fisico italiano durante la sua presidenza dell'Enea ha dato una marcia in più a questo tipo di fonte rinnovabile. Rispetto al metodo "tradizionale" che usa lunghe file di specchi a parabola per concentrare il calore del sole su un tubo dove scorre olio, la centrale Enel utilizza degli speciali sali fusi realizzati dall'azienda umbra Angelantoni 1 (con una partecipazione societaria della tedesca Siemens) su brevetto Enea.

Questi sali rispetto all'olio usato per creare vapore in grado di alimentare normali turbine per la produzione di elettricità raggiungono infatti temperature molto più elevate (550 gradi anziché 400) permettendo all'impianto di restare in funzione quasi a ciclo continuo, senza doversi fermare nelle ore di buio o in caso di nuvole.

La centrale Archimede non è quella che in gergo viene chiamata "stand alone", ma è stata affiancata a un impianto tradizionale dove aiuta a far girare le stesse turbine alimentate a gas. "E' un impianto unico nel suo genere che aumenta l'efficienza energetica di circa il 20-25% e consente di avere la disponibilità dell'energia accumulata anche di notte o in condizione di cielo coperto", ha sottolineato l'ingegner Livio Vido, direttore di ingegneria e innovazione di Enel. "E' la punta di diamante di un processo e di un progresso continuo nelle energie rinnovabili da parte dell'Enel", ha aggiunto il direttore generale dell'azienda Fulvio Conti all'inaugurazione. "E' un prototipo - ha precisato - costato 60 milioni di euro capace di generare un meccanismo industriale ridotto di costi se realizzato in larga scala in tante parti del mondo".

La partecipazione di un colosso come Siemens al progetto italiano conferma infatti le grandi prospettive del solare termodinamico e in particolare del termodinamico a sali fusi. Anche in vista del grande progetto Desertech avviato da un cartello di grandi imprese europee (tedesche in primo luogo) per realizzare decine di impianti di questo tipo nell'Africa settentrionale e sahariana. In una recente audizione al Senato, l'Anest (Associazione nazionale energia solare termodinamica) ha inoltre sottolineato come esistano in Italia le potenzialità per realizzare entro i prossimi dieci anni centrali per 3-5000 MW creando oltre 30 mila posti di lavoro.

(14 luglio 2010) © Riproduzione riservata

 

 

 

 

 

 

2010-07-10

Conto energia: meglio tardi che mai

imagesLa lunga fase di incertezza che stava paralizzando il settore delle rinnovabili in Italia si è conclusa almeno per il capitolo sul conto energia approvato dalla Conferenza unificata Stato – Regioni. Il nuovo conto energia, che riconosce una tariffa incentivante fissa e garantita per 20 anni a partire da quando l’impianto entra in esercizio, sarà in vigore dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2013. Tra le novità c’è la divisione degli impianti in diverse classi di potenza con incentivi decrescenti: nel corso del 2011 ci saranno tre variazioni di tariffe con un calo del 6% ogni quadrimestre, poi ci sarà una diminuzione del 6 % l’anno sia nel 2012 che nel 2013. Inoltre la potenza incentivabile, che ora è di 1.200 megawatt, arriverà a 3 mila e si aggiungeranno altri 200 megawatt per il fotovoltaico a concentrazione e 300 megawatt per gli impianti integrati con caratteristiche innovative (cancellata la distinzione tra gli impianti "parzialmente integrati" e quelli "integrati", ora si parla di "impianti realizzati su edifici" e di "altri impianti"). Vengono infine concessi premi del 5 % se l’impianto è collocato su discariche, cave, ex aree industriali, siti da bonificare, in sostituzione di coperture in eternit. Misure salutate con soddisfazione dal settore delle rinnovabili (la riduzione degli incentivi viaggia di pari passo con la riduzione dei costi dei pannelli e l’aumento di efficienza) anche se alcune critiche non sono mancate. "Al momento la cosa più importate è che il conto energia e le linee guida siano stati approvati, anche se troviamo ingiustificato il taglio alle tariffe incentivanti per gli impianti superiori ai 5 megawatt con la scusa che tolgono terreno all’agricoltura: anche gli incentivi al fotovoltaico sulle serre, che l’agricoltura invece la sostengono, vengono tagliati", ha commentato il presidente di Asso Energie Future, Massimo Daniele Sapienza.

Tag:conto energia

Scritto sabato, 10 luglio 2010 alle 16:29 nella categoria Energia, rinnovabili. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

 

L'UNITA'

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.unita.it/

2010-08-18

 

 

il SOLE 24 ORE

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http://www.ilsole24ore.com/

2010-08-18

 

 

 

 

 

 

2010-08-16

BRC Società che produce distributori impianti gas domestici per auto:

http://www.brc.it/

 

Il pieno di metano per le auto si farà in casa. Parola di Calderoli

Cronologia articolo16 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 16 agosto 2010 alle ore 19:38.

Per chi ha un' automobile a metano d'ora in poi sarà più semplice fare rifornimento. Un decreto legge, anticipato dal nostro giornale l'8 maggio, dà infatti la possibilità di installare dei piccoli distributori anche nel proprio garage. Il ministro Roberto Calderoli rilancia da Ponte di Legno la sua iniziativa, facendo notare che da circa due mesi, grazie a una nuova norma da poco approvata sull'esempio di un'analoga norma vigente in provincia di Bolzano, è possibile installare un impianto per la distribuzione del metano in casa.

Si tratta di una decreto convertito in legge in giugno ma che è passato inosservato, perché parte di un decreto molto più ampio: "Con la possibilità di fare metano nel proprio garage ci sarà - prevede Calderoli - un forte aumento della domanda di auto a metano, finora fortemente condizionata dalla sporadicità dei punti di distribuzione".

In Italia gli impianti di rifornimento casalingo vengono prodotti dalla Brc, un'impresa della provincia di Cuneo e che creerà circa 600 nuovi posti di lavoro. Il ministro per la semplificazione normativa ha anticipato anche che qualche azienda automobilistica potrebbe regalare questo impianto casalingo.

 

 

 

2010-08-06

Nuova generazione di fotovoltaico: tripla efficienza con luce e calore

di Giorgio SintierraCronologia articolo5 agosto 2010Commenti (2)

Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 08:45.

Una nuova barriera sta per essere abbattuta, nel campo della produzione di energia solare. Un gruppo di ricerca dell’Università di Stanford, in California, ha infatti sviluppato un metodo che permette di generare elettricità sfruttando simultaneamente la luce e il calore solare. La tecnica si chiama Pete (acronimo per Photon Enhanced Thermionic Emission) e il suo obiettivo è tanto semplice quanto ambizioso: aumentare l’efficienza dei pannelli e ridurre i costi di produzione di energia solare a tal punto da renderla ufficialmente competitiva nei confronti del petrolio.

I risultati riscontrati dopo i primi test su Pete sono incoraggianti. Attualmente esistono due approcci per ottenere energia elettrica dal sole. I pannelli fotovoltaici (approccio quantico) producono una corrente elettrica sfruttando l'energia dei fotoni per eccitare gli elettroni di un semiconduttore (in genere, il silicio). I pannelli solari termodinamici (approccio termodinamico) invece utilizzano le radiazioni solari come sorgente di energia termica, che viene incamerata in speciali fluidi poi utilizzati per alimentare turbine a vapore. Il sistema Pete riesce a sfruttare entrambi i processi. Il che dovrebbe essere impossibile, dal momento che pannelli fotovoltaici e termici lavorano a intervalli di temperatura radicalmente diversi (sopra i 100 gradi C°, infatti, il silicio perde le sue proprietà di semiconduttore e le celle fotovoltaiche cessano di produrre energia.)

Per sciogliere questo nodo, la squadra guidata da Nick Melosh ha sostituito il silicio con il nitruro di gallio - un semiconduttore capace di lavorare a energie più alte - poi, al fine di catturare anche quella importante porzione di energia solitamente persa sotto forma di calore, ha aggiunto un secondo strato metallico a base di Cesio, per aumentare ulteriormente la produzione di elettroni attraverso un meccanismo conosciuto come effetto termoionico.

Se gli ordinari pannelli fotovoltaici lavorano solo al di sotto dei 100 gradi centigradi, il nuovo prototipo raggiunge una buona efficienza solo al di sopra dei 200 gradi. Questo significa che potrebbe essere accoppiato ai concentratori solari parabolici - che possono raggiungere temperature di oltre 800 gradi - per ottenere efficienze mai raggiunte finora. Parliamo di un’efficienza di conversione che, stando alle previsioni dello stesso Melosh, si aggira intorno al 60%.

Una cifra importante considerando che, allo stato attuale, le celle fotovoltaiche arrivano a intorno al 20% e che i prototipi più avanguardistici invece raggiungono un picco del 40%. Quest'ultimo è il caso delle celle multigiunzione che tuttavia, a causa degli elevati costi di produzione, vengono utilizzate solo nell'areonautica e nelle spedizioni spaziali. Nelle celle multigiunzione i semiconduttori vengono disposti su diversi strati al fine di catturare una gamma più ampia di lunghezze d'onda dalle radiazioni solari. Il prototipo Pete promette di raggiungere vette d'efficienza ancora maggiori, senza raggiungere costi così elevati. Certo, nei primi test le celle a base di nitruro di gallio e cesio hanno dimostrato di poter garantire un’efficienza ben al di sotto della percentuale teorica. Melosh e colleghi di dicono tuttavia sicuri di poter raggiungere quota 60 utilizzando un altro semiconduttore - l’arseniuro di Gallio, ad esempio.

Ma gli ipotetici vantaggi dell’approccio Pete non si fermano qui, esiste anche un aspetto economico. "Le alte concentrazioni solari rendono possibile ridurre il costo dei materiali riducendo le dimensioni del pannello" si legge nel paper pubblicato da Melosh e colleghi su Nature Materials "I dispositivi Pete sono naturalmente sinergici con le macchine termiche e potrebbero essere implementati collegandoli alle infrastrutture termico-solari esistenti. Anche un solo modulo Pete mediamente efficiente, in tandem con una macchina termica, potrebbe raggiungere un’efficienza totale superiore agli altri dispostivi oggi utilizzati".

La squadra guidata da Melosh ha sicuramente aperto un orizzonte di ricerca innovativo, ma non è l’unica. Mentre il Sole, come testimoniano i recenti rilevamenti del Dipartimento di Eliofisica della Nasa, sta entrando in nuova fase di attività, sulla Terra diversi centri di ricerca stanno studiando nuovi metodi per catturare, incamerare e riconvertire i 50 milioni di GigaWatt che ogni giorno la nostra stella riversa sulla crosta terrestre. Alla Eindhoven University of Technology si studiano celle solari che sfruttano nanostrutture filamentose per ottenere efficienze superiori al 60%; al Lawrence Berkeley National Laboratory invece stanno sperimentando l’aggiunta di selenio ai materiali fotovoltaici per catturare ancora più energia dalle radiazioni solari. In Italia, di recente, ha aperto a Milano il Centro Internazionale sulla Fotonica per l'Energia, che nei prossimi tre anni si occuperà di sviluppare un prodotto pre-industriale che aumenti l’efficienza di conversione a partire dalle nanotecnologie.

 

 

 

 

2010-07-12

Il Veneto insegue l'autonomia energetica (con il carbone) ma riparte dall'idrogeno

di Silva MenettoCronologia articolo12 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2010 alle ore 20:48.

Fuori la chimica sporca e dentro l'idrogeno. Il futuro del polo chimico di Marghera sembra andare in questa direzione, almeno a giudicare dall'inaugurazione in grande stile per la prima centrale elettrica ad idrogeno al mondo, costruita dall'Enel proprio a Fusina, nella gronda lagunare, dove si affacciano gli impianti - per lo più dismessi - del maggiore polo chimico europeo.

A Fusina c'era già la centrale termoelettrica "Palladio" dell'Enel; a due passi gli impianti del Petrolchimico che come elemento di risulta dei processi industriali producono proprio l'idrogeno. Ironia della sorte: allo stato attuale della ricerca, se le industrie chimiche non producessero idrogeno come "scarto" di lavorazione, questo tipo di energia pulita non esisterebbe perché totalmente diseconomico.

LA CENTRALE AD IDROGENO

Cinquanta milioni di euro di investimento (5-6 volte il costo di una centrale normale), cinque anni di lavoro, una potenza di 16 Megawatt totali (12 prodotti dalla turbina ed altri 4 Mw recuperati sfruttando il calore dei fumi di scarico); con i suoi 60 milioni di chilowattora l'anno di energia l'impianto di Fusina può soddisfare il fabbisogno di 20mila famiglie e – questa è la parte migliore - senza emissioni in atmosfera. Con quest'opera Enel partecipa al progetto "Hydrogen Park" voluto dagli Industriali di Venezia col supporto di Regione Veneto e Ministero dell'Ambiente. Obiettivo è creare il più grande parco sperimentale per la realizzazione di un'economia basata sull'idrogeno. Marghera insomma dovrebbe diventare uno dei punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca sull'energia pulita.

AUTONOMIA ENERGETICA

All'inaugurazione della nuova centrale di Fusina gli amministratori locali hanno fatto a gara per esserci, perché la questione energetica in Veneto è una partita importante: il fabbisogno elettrico della regione si è attestato, nel 2009, intorno ai 30mila Gigawattora, metà dei quali prodotti in loco attraverso centrali termo ed idroelettriche e uno 0,2 per centro da fonti rinnovabili come l'eolico e il fotovoltaico. Ma il governatore Luca Zaia, seguendo le sue aspirazioni federaliste anche in materia energetica, ha posto già lo sguardo oltre la nuova centrale ad idrogeno per concentrare l'attenzione su quella ben più potente di Porto Tolle, nel rodigino. IL CARBONE DI PORTO TOLLE

Là, nel delta padano, l'Enel sta riconvertendo a carbone la vecchia centrale termoelettrica ad olio combustibile. L'impianto in questo caso comporta un investimento di circa 2,5 miliardi di euro ma la produzione di elettricità, a regime, renderà il Veneto energeticamente autosufficiente. "Con Porto Tolle il bilancio energetico del Veneto andrà a pareggio – ha annunciato il governatore con orgoglio - ossia si consumerà quello che si produrrà". Senza contare che per i cinque anni di lavori previsti (che dovrebbero iniziare nel 2011) saranno impiegati circa 700 operai e nell'indotto la centrale darà lavoro a circa 3mila persone. "La centrale di Porto Tolle e quella di Fusina sono un investimento per la Regione e per l'Italia", ha aggiunto l'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti.

I FONDI EUROPEI

Quello di Porto Tolle tra l'altro rientra tra i sei selezionati dalla UE nella lista dei progetti più maturi e promettenti a livello comunitario per il sequestro della CO2. La tecnologia che si andrà ad applicare sarà infatti il risultato della ricerca sul carbone a zero emissioni, che l'Enel in questi anni ha sviluppato in maniera particolare. L'azienda potrà contare su 100 milioni di euro di fondi europei per verificare la fattibilità dell'applicazione su scala industriale a Porto Tolle, del processo già sperimentato in un impianto pilota di Brindisi. "Si tratta di catturare l'anidride carbonica post combustione della CO2 dai fumi di una sezione delle nuove unità della centrale a carbone di Porto Tolle - spiega Sauro Pasini, responsabile di Enel Ricerca – ma il progetto prevede anche la compressione, il trasporto e lo stoccaggio dell'idrogeno in un deposito acquifero in Alto Adriatico".

IL VENETO E LA GREEN ECONOMY

La centrale a carbone di Porto Tolle dovrebbe entrare in funzione nel 2015. Intanto l'a.d. di Enel Fulvio Conti fa leva sulla sensibilità del governatore Zaia per la green economy per proporre nuovi accordi sulle fonti rinnovabili. "Credo che in Veneto ci sia ancora spazio per realizzare centrali idroelettriche e impianti eolici sui colli, per lavorare al fotovoltaico e sulle biomasse. Abbiamo iniziato un percorso per identificare i mezzi e i meccanismi attuativi più confacenti per la Regione stessa" ha detto Conti, che ha precisato però di non ritenere affatto necessaria la creazione di una società mista. Da parte sua, il governatore Luca Zaia non è nuovo a manifestazioni di forte interesse per la green economy: "Il Veneto oggi si attesta al 5,2% di produzione in green economy per poter raggiungere entro il 2020 il 17% richiesto dall'Ue. Non vogliamo restare all'età della pietra perché a noi non piace".

 

 

 

 

2010-07-10

Via libera al nuovo Conto energia per il fotovoltaico

di Federico RendinaCronologia articolo10 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 10:55.

Si accelera sulle energie rinnovabili tentando di razionalizzare i sussidi e alleggerendone il peso sulle bollette. E intanto si cerca di recuperare i ritardi del piano per il ritorno italiano all'energia nucleare. Con uno sprint energetico di inizio estate la Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera sia alle linee guida predisposte dal ministero dello Sviluppo per dare impulso alle rinnovabili, sia all'atteso (e a lungo controverso) schema del "conto energia" per i sussidi all'elettricità fotovoltaica per il triennio 2011-2013.

La versione definitiva del nuovo conto energia modifica ulteriormente lo schema, che sembrava definitivo, già messo a punto dal Governo. In nome del progresso tecnologico e di efficienza dei pannelli solari, i nuovi sussidi ventennali subiranno nel prossimo triennio un taglio attorno al 20%: scenderanno tra il 2 e il 3% ogni quadrimestre nel 2011 e del 6% l'anno nel 2012 e nel 2013, in attesa della ulteriore revisione che scatterà dal 2014.

Confermato il principio che premia con incentivi proporzionalmente maggiori i piccoli impianti (come quelli domestici) e quelli installati sui tetti e sulle coperture. In ogni caso il decreto (22 pagine e 6 allegati) accompagna il taglio con nuovi e più ambiziosi obiettivi: 8 mila megawatt di energia solare da traguardare al 2020 di cui 3mila nel prossimo triennio, dopo i 1.200 megawatt incentivati (e già raggiunti) con il sussidio in scadenza.

Grande attenzione all'evoluzione tecnologica. Tant'è che il nuovo conto energia riguarderà anche il solare fotovoltaico a concentrazione, a cui saranno riservati sussidi per una potenza complessiva di 200 megawatt.

Il decreto "fornisce le certezze richieste dagli operatori del settore e opportunità di investimenti e creazione di occupazione" rimarca in una nota il ministero dello Sviluppo. Che si guadagna il sì delle principali associazioni di categoria, che apprezzano anche le "linee guida" sulle rinnovabili tracciate dal Governo.

Nelle nuove linee guida si promette tra l'altro di introdurre procedure autorizzative semplificate per gli impianti, orientando il mercato verso le tecnologie migliori e agevolandone la connessione in rete, "favorendo l'innovazione in un settore fondamentale per la ripresa e la competitività del Paese" commenta Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo.

Intanto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, nell'edizione di giovedì scorso, il decreto delegato con lo statuto della nuova Agenzia per la sicurezza nucleare. Malgrado gli otto mesi di ritardo rispetto alla scadenza fissata dalla legge "sviluppo" dell'agosto scorso (la 99/2009) lo Statuto rinvia a una lunga serie di ulteriori provvedimenti tutti gli adempimenti (nomine dei vertici, regolamenti interni, organi esecutivi, impalcatura operativa) necessari per rendere davvero funzionante l'organismo cruciale per il nostro rinascimento nucleare. Che rischia di rimanere, almeno per qualche mese ancora, in stand by.

Spetterà infatti all'agenzia definire le regole per scegliere i territori e le metodologie con cui piazzare le nuove centrali atomiche italiane. A lei il compito non solo di autorizzare gli impianti e di vigilare sulla correttezza delle procedure di costruzione e di esercizio, ma anche di definire le metodologie e i criteri di sorveglianza delle delicate attività collaterali, come l'approvvigionamento, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi.

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Gli aiuti al fotovoltaico ridotti del 18% nel 2011

di Jacopo GilibertoCronologia articolo25 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2010 alle ore 10:37.

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Il nuovo conto energia per le centrali fotovoltaiche rimane fermo nella sospensione delle sedute della conferenza stato-regioni ma le indicazioni sulla bozza concordata sono ormai definite. L'incentivo italiano all'energia prodotta dai raggi del sole – oggi l'aiuto più appetitoso al mondo, dopo che Germania e Spagna hanno ridotto il loro sussidio all'energia fotovoltaica – scenderà l'anno prossimo del 6% ogni quattro mesi, per arrivare alla fine del 2011 a una sforbiciata complessiva del 18% rispetto a oggi.

Così ridotto, il conto energia rimarrà stabile per il 2012 e il 2013 per cambiare, come ogni tre anni, nel 2014. Queste sono le prime indicazioni anticipate ieri da Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico, durante la presentazione del portale web Corrente realizzato dal gestore dei servizi elettrici per riunire, in una vetrina unica e coordinata, la filiera italiana delle fonti rinnovabili di energia.

Inoltre Saglia si prepara a stralciare l'articolo 45 della manovra, quello che cancella il ritiro obbligato dei certificati verdi da parte del Gestore dei servizi energetici. Oggi il Gestore ritira le eccedenze di questi certificati verdi e in questo modo genera un prezzo minimo garantito. Il costo non finisce sui costi pubblici perché è pagato dai consumatori con una voce leggerissima della bolletta elettrica. La manovra vuole eliminare questo ritiro da parte del Gestore dei servizi energetici.

"Ma in questo modo la manovra azzoppa il mercato", avverte Saglia. Così il suo obiettivo è – d'intesa con Andrea Ronchi, ministro delle Politiche europee – stralciare del tutto dalla manovra questo contestatissimo articolo 45, ripromettendosi di adeguare il sistema degli incentivi quando entrerà in vigore la prossima direttiva europea sulle fonti rinnovabili, o in alternativa aggiungere all'articolo 45 un passo che ne rimanderà l'entrata in vigore con l'adozione della direttiva europea.

Nel frattempo il Gestore dei servizi energetici rafforza il suo ruolo nella ricerca per l'energia con l'acquisizione – appena formalizzata – della maggioranza dell'Erse, il polo milanese degli studi avanzati che eredita il ricchissimo patrimonio di conoscenze del Cesi Ricerche.

Intanto le imprese dell'energia pulita cercano di coordinarsi attraverso le iniziative del Gestore dei servizi energetici, come il portale Corrente. Si tratta di una "vetrina" di tutta la filiera: fornitori e centri ricerche, produttori e installatori; tecnologie differentissime che vanno dal solare fino ai biocarburanti. Un mondo disgregato che cerca – anche attraverso il nuovo piano d'azione nazionale sulle rinnovabili, appena adottato dal governo – di confluire in un sistema organico. "Con investimenti adeguati e con uno sfruttamento medio delle opportunità nel comparto delle fonti rinnovabili – afferma Emilio Cremona, presidente del Gse – l'Italia potrebbe essere un paese leader dal punto di vista tecnologico, esportando alcuni dei sistemi di produzione del settore delle rinnovabili. Corrente vuole aiutare il comparto perché il paese possa assumere un ruolo di primo piano in un settore importante in notevole espansione, con ritorni di assoluto rilievo per fatturato e occupazione".

 

 

 

Saglia lancia un appello alle Regioni: "Sblocchiamo lo sviluppo delle rinnovabili"

di Luca SalvioliCronologia articolo18 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 19:42.

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L'Italia ha presentato il Piano di azione nazionale per raggiungere i target europei sulla produzione di energia da fonti rinnovabili entro il 2020. Il fatidico 17% (sui consumi finali), che si confronta con il 4,9% del 2005, verrà raggiunto con quote verdi dei diversi consumi energetici: 28,97% per l'elettricità, 15,83% per il termico e 6,38% per i trasporti. Solo che "mancano strumenti decisivi" per metterlo in pratica. Ad esempio, il nuovo Conto energia per il fotovoltaico. Oppure le linee guida nazionali, attese dal 2003.

La conferenza unificata (stato, regioni, enti locali) si sarebbe dovuta riunire lo scorso febbraio, poi è slittata a primavera inoltrata. Si attendeva il risultato delle elezioni regionali. E' arrivata l'estate e la riunione ancora non c'è stata. Un tavolo tecnico è previsto per martedì 22 giugno, ma non sarà risolutivo. "Le Regioni stanno litigando con il governo sulla manovra", spiega Stefano Saglia, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico con delega all'energia, "dunque è tutto fermo. Lancio un appello: apriamo una finestra dedicata, separiamo i due fronti". Intanto le imprese del settore e Confidustria hanno espresso tutto il disappunto verso l'articolo 45 della manovra, che azzoppa le rinnovabili.

Verrà modificata la norma?

Avevo scritto in tempi non sospetti al presidente del Consiglio e al ministro dell'Economia per dire che si trattava di una misura sbagliata. Le imprese hanno bisogno di regole stabili. Sto suggerendo una serie di emendamenti che verranno discussi nella commissione bilancio del Senato dalla prossima settimana.

Come faremo a raggiungere il 17% dei consumi finali con fonti rinnovabili entro il 2020?

Innanzitutto va detto che non raggiungeremo gli obiettivi senza la collaborazione delle Regioni. Il Piano - a cui ha lavorato intensamente Sara Romano, direttore generale del dipartimento energia nuleare, fonti rinnovabili ed efficienza energetica del ministero - prevede una maggiore responsabilizzazione. Indicheremo in maniera precisa le quote per ogni Regione. Come ha detto anche l'Ocse il nostro paese ha incentivi in alcuni casi generosi, il problema è la lunghezza dell'iter autorizzativo. Le linee guida sono attese dal 2003. Ora c'è un testo che mette d'accordo i ministeri competenti. Prevede l'autorizzazione unica e 180 giorni per il via all'impianto. Siamo in attesa della Conferenza unificata.

Sul piano delle tecnologie, invece?

C'è un investimento da 200 milioni di euro sulle reti elettriche di nuova generazione, le smart grid. Stiamo lavorando con il Gse per valorizzare i marchi italiani delle rinnovabili. La filiera industriale italiana sta nascendo, in particolare nel campo delle biomasse. C'è un grande spazio di crescita con opportunità di reddito per gli agricoltori. Puntiamo molto anche sull'eolico, in questo caso è decisivo il lavoro sulle reti. Poi il solare. Il fotovoltaico ha ancora grandi opportunità. Purtroppo utilizza quasi esclusivamente tecnologia estera. Il nuovo Conto energia incentiverà anche il solare termodinamico. Verranno poi estesi i certificati bianchi per le rinnovabili termiche: solare termico, caldaie a biomassa, pompe di calore e geotermia.

Il Piano prevede un ruolo importante delle importazioni di energia pulita dall'estero, a quanto ammonta?

Il 5% della quota di rinnovabili al 2020 verrà da altri paesi. In particolare stiamo lavorando a due cavi sottomarini: uno dalla Tunisia e uno dai Balcani. Siamo un paese con una geografia limitata e con un'elevata densità di popolazione, da soli non possiamo farcela.

Così invece raggiungeremo il target europeo?

Bisogna ammettere che l'asticella è molto alta. Dobbiamo essere molto concentrati e provarci.

luca.salvioli@ilsole24ore.com

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Ibm presenta il contatore intelligente per il gas

di Luca SalvioliCronologia articolo17 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 17:03.

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L'Italia, nel campo dell'innovazione energetica, detiene un primato. Quello dei contatori elettrici intelligenti che Enel, in collaborazione con Ibm, ha installato nelle case degli italiani. La base, unica al mondo, è di 35 milioni di unità. Ora, mentre il colosso tecnologico è attivo su diversi progetti nel mondo delle smart grid, dall'elettrico alla gestione dell'acqua, e la ricerca è sui servizi innovativi, arriva il momento del gas. Il percorso prevede una gestione sempre più digitalizzata e consapevole dei consumi energetici, in modo da tagliare gli sprechi, i costi e offrire nuovi servizi.

Spinta dalle delibere dell'Authority per l'energia elettrica e il gas - e prima ancora dall'Unione europea - Ibm ha presentato, in un evento milanese, la prima soluzione per la gestione intelligente dei contatori del gas.

Ovvero un sistema software che consente la telegestione e la telelettura dei consumi effettivi. "Stiamo realizzando un centro di competenza internazionale in Italia, siamo i primi in Europa a recepire quanto stabilito dall'Unione europea - ha spiegato Giovanni Linzi, General sales manager di Ibm Italia - per noi si tratta di un investimento nell'ordine del milione di euro. Esporteremo questa esperienza, le professionalità e le competenze anche all'estero".

Oggi la lettura del gas è affidata ai singoli consumatori, al consumo "stimato" oppure all'intervento di tecnici. Il mercato cambierà secondo le cadenze stabilite dall'Authority: le utenze industriali dovranno adottare i nuovi sistemi di rilevazione e gestione da subito, entro la fine del 2010, mentre per le utenze residenziali si partirà dal 2011. L'obiettivo è arrivare al 2016 con una copertura dell'80%.

"Per l'industria del gas si tratta di un cambiamento epocale - ha detto Stefano Cetti, responsabile della divisione Energy&Utilities di Ibm - visto il bassissimo tasso di innovazione tecnologica degli ultimi anni". In generale l'avvento delle smart grid si traduce "nella trasformazione delle reti di distribuzione in reti di trasmissione di informazione".

Il mercato riguarda circa 18 milioni di contatori con più di 200 distributori. "I primi vantaggi saranno per gli utenti, che avranno informazioni puntuali e case più sicure - ha proseguito Cetti - . Ci sarà un risparmio per tutta la filiera. Il distributore avrà informazioni in tempo reale utili per ottimizzare processi e interventi. La liberalizzazione del mercato del gas, inoltre, subirà una forte spinta".

 

 

 

 

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